Bella Giorgione. Hai scritto in maniera eccezionale quello che penso anch'io! Grande
IL DRAMMA DI TARANTO: MORIRE A NORMA DI LEGGE
Monti e Clini a colloquio sul caso-Ilva
CLICCA SULL'IMMAGINE PER VISUALIZZARE IL VIDEO
Così è deciso, l'udienza è tolta. Sarebbero le parole di un qualsasi giudice dopo la lettura di una sentenza. Ma questa volta, questa frase, non proviene dall'aula di un Tribunale, ma risuona in una conferenza stampa, indetta per rendere ufficiali l'applicabilità del decreto, divenuto noto con il nome di "salva-Ilva". Erano tutti presenti: Monti, Clini, Vendola, la Cancellieri, la Camusso, i vertici del comune di Taranto e il presidente dell'Iva spa. Una scena patetica, non si era mai vista tanta unità di intenti, un teatrino creato ad arte e mandato in pasto alle televisioni. Per la prima volta in un paese che si definisce civile, diventa effettivo un decreto legge creato ad hoc per salvare un'azienda, che da più di 15 anni si macchia dell'ignobile reato di avvelenare la terra che la ospita, provocando patologie oncologiche sulla cittadinanza tarantina, violentata quotidianamente da fumi e polveri nocive, e da oggi condannata a morte a norma di legge.
Ma la cosa ancora più grave, che lascia senza parole, è il conflitto di potere che questo Governo (non eletto dal popolo e decaduto da un pezzo), a poco più di un mese dalle elezioni, ha assunto contro il potere giudiziario, oltrepassando prepotentemente i propri limiti, irrompendo nelle decisioni della Magistratura, sbugiardanola e ordinandole di adeguarsi a questa legge ignobile. E' proprio questo il succo del contenuto della farsa che si è tenuta davanti alle telecamere il 18 gennaio scorso. Senza scomodare il principio della "divisione dei poteri" di Montesquieu, tutti sappiamo come nessuno di questi tre poteri ha facoltà di intervenire e togliere legittimità a una decisione assunta da un altro potere, e che quando ciò avviene, tecnicamente non si è più in democrazia. Con buona pace per tutti.
In tutto questo, come contorno, c'è la famiglia Riva: è stata una vittoria su tutti i fronti per il vecchio padre Emilio (ai domiciliari nella sua prigione dorata) e per il figlio Fabio (latitante in chissà quale paese tropicale). Per la prima volta, dopo i fasti delle leggi ad personam berlusconiane, siamo passati alle leggi ad aziendam. Una situazione grottesca, dove chi dovrebbe far rispettare la legge coglie il ladro in flagranza di reato, e a quel punto, chi dovrebbe assicurarlo alla giustizia e ritirargli la refurtiva interviene, dicendogli: "va bene per questa volta ti perdono, hai sbagliato, ma non farlo più!". Successivamente, gli crea un decreto legge ad hoc, per costringere la Magistratura, unico organo che sembra interessarsi alla salute dei propri cittadini, a non poter più avere potere decisionale a riguardo. A memoria d'uomo, non si ricorda uno scempio del genere, in nessun paese democratico. Da tarantini, ci troviamo in una condizione, dove dobbiamo morire a norma di legge. Viene calpestato per sempre il diritto fondamentale delle Costituzione, quello del diritto alla tutela della salute prima di ogni altra cosa. Tutto questo a favore del mero interesse economico.
L'aspetto inquietante che salta per l'ennesima volta all'occhio in questa Italietta, è la completa mancanza di autonomia della politica, sempre più soggetta a farsi influenzare o addirittura manipolare e controllare dai poteri economici. Un Governo ignobile, che lavora a senso unico nella tutela delle banche che deve salvare dal crac finanziario e delle aziende che possono permettersi il lusso di ricattare. E questo è l'aspetto fondamentale, la vera deriva democratica di tutta questa sporca faccenda, è la constatazione di come un gruppo economico forte, possa tenere letteralmente "per le palle" un Governo, costringendolo ad adeguarsi alle proprie volontà e non il contrario.
Ancora una volta, la Magistratura ha sbattuto i pugni sul tavolo e ha impugnato la legge alla Corte Costituzionale, sinceramente nessuno nutre ormai alcuna speranza, visto che i nostri cari politicanti e amministratori hanno dimostrato di essere maestri nell'arte dell'aggiramento della legge. Non so se esiste ancora una soluzione pacifica a tutto questo, è da un qualche giorno che l'azienda più prepotente e fuorilegge d'Italia, minaccia, forte della sua impunità, di non pagare gli stipendi agli operai, utilizzando ancora una volta, con quell'arroganza che la contraddistingue da quasi un ventennio, il ricatto della cassaintegrazione. Nessuna parola, nessun cenno, invece, da parte dei soliti governantucoli da quattro soldi, sui miliardi di utili fatturati dal gruppo Riva negli anni e prontamente fatti sparire a tempo debito, su conti esteri. Si propongono "Aie" e soluzioni a effetto, ma nessuno ci dice come i Riva dovranno ripagare i danni da loro perpetuati per anni, nè come bisognerà recuperare i soldi che permetterebbero all'azienda di mettersi a norma.
In tutto questo a pagarne le conseguenza più di chiunque altro, la città di Taranto, condannata a morte per sempre al suo destino inesorabile. Una città che è gia morta e non lo sa. Una città che non investe nello sviluppo delle risorse, nella cultura, per fortuna ci pensano esemplari associazioni culturali semplici di gruppi di cittadini autonomi e autofinanziati. Una città che ha perso più del 50% dei propri under 30, fuggiti prima nelle Università del nord e successivamente migrati all'estero a ingrassare economie straniere. A nessuno, poi, importa un tumore in più o un tumore in meno, l'importante è tutelare il potere economico, finchè non si è toccati da certe tragedie, anche la parola "cancro" diventa uno di quei petardi semantici ripetuti quotidianamente da giornali e televisioni, una parola che non ci spaventa più, priva di significato. Per la prima volta, tutto questo la maggior parte dei tarantini lo hanno capito, non si baratta la salute per nessun lavoro al mondo, sono nate anche qui associazioni spontanee di cittadini che si ribellano a questa mannaia sulla testa. Come tutte le rivolte popolari che partono dal basso, si è sviluppata ed è cresciuta giorno dopo giorno, una coscienza sociale e collettiva che era impensabile sino a qualche anno fa. L'unica cosa che mi rende orgoglioso, in questa tragedia, è la forza encomiabile con la quale i miei concittadini e alcuni magistrati stanno combattendo questo flagello che si è abbattuto contro di noi, e che ha goduto della connivenza criminale di istituzioni di tutti i livelli. Non poter essere quotidianamente al loro fianco e stare dietro una monitor a leggere impotente quel che succede è qualcosa che mi lacera.
Alla luce di questo, mi piacerebbe guardare negli occhi, tutti coloro che siedono nei palazzi dei poteri, a qualsiasi livello, i benpensanti e i giornalisti che cagano sentenze senza nemmeno sapere di cosa stiano parlando. Mi piacerebbe dirgli che probabilmente non faranno mai un giorno di galera, forse continueranno a vivere nella loro ingordigia di potere ancora per qualche tempo (continuando ad essere sordi ai bisogni di coloro che mantengono i loro dorati stipendi), ma non ci sarà magistratura alla quale loro potranno mettere i bastoni tra le ruote, quando a giudicarli sarà la storia. Perchè tutto ciò che è avvenuto in questi ultimi mesi è già storia e alla storia non si sfugge mai. Sarà la storia a coprire di sterco questo Governo e tutti i personaggi che ci girano attorno. Che la loro deriva morale possa essere per noi nuove generazioni, un ammonizione per il futuro. Nel frattempo provo disonore, imbarazzo e vergogna nell'essere un cittadino italiano.